Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961) è una delle figure più interessanti e originali della pittura italiana ed europea del Novecento. Dopo l’adesione al movimento futurista e la breve esperienza metafisica, Sironi diventa sostenitore del regime fascista, nel quale ritrova la sua stessa profonda convinzione della difesa dei valori della tradizione e si sforza dunque di elaborarne un’estetica. Il suo interesse si concentra sul dramma della condizione dell’uomo contemporaneo, percepita come tragica e raccontata attraverso il recupero di tecniche tradizionali, come l’affresco, il mosaico, il disegno, e ovviamente la pittura. Il suo linguaggio arcaicizzante dà vita ad un’arte sintetica ma al contempo monumentale. Forme solide e cupe, intense ed evocative, assunte come simboli assoluti della condizione umana, raccontano la contemporaneità, la vita nelle città (molto note sono le sue periferie urbane), gli strappi del progresso, il dramma sotteso a questa nuova condizione. La salvezza, sembra indicare Sironi, sta nel recupero di una vita più “lirica”, più vicina a ideali semplici (altrettanto noti sono i dipinti dedicati alla famiglia) e alla natura intesa come espressione tangibile del sovrannaturale. Malinconia, solitudine, grandi ideali, sono i principi ispiratori di questa arte asciutta che non concede nulla alla decorazione. Il suo lungo percorso artistico, che ha conosciuto anche le avanguardie degli anni ’50, rimane coerente fino alla fine.
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