Enrico Paulucci nasce a Genova, il 3 ottobre 1901. Figlio del Generale Paulucci Delle Roncole (il cognome per esteso è, infatti, Paolucci Delle Roncole) e di Amalia Mondo, originaria di Montegrosso. Da adolescente si trasferisce a Torino dove consegue la laurea in giurisprudenza e, poi, in scienze economiche. Egli stesso ricorda felicemente il periodo degli studi. L'università, infatti, era una copertura che gli permetteva di dedicarsi per lunghi periodi alla pittura senza turbare l'orgoglio paterno, il padre, infatti, non amava molto l'idea di avere un figlio pittore. L'arte, però, è la vera grande passione di Paulucci, frequentando l'ambiente torinese, stringe amicizia con Felice Casorati fondando con lo stesso lo studio Casorati - Paulucci, dove organizza parecchie mostre di avanguardia e dirige persino lo studio "La Zecca".
A 27 anni è chiamato alla Biennale di Venezia; a 28 crea ai "Sei di Torino", il sodalizio nato nel 1929 dalla collaborazione fra lo stesso Paulucci e i torinesi Carlo Levi e Gigi Chessa, l'inglese Jessie Boswell, l'abruzzese Nicola Galante e il sardo di origine piemontese Francesco Menzio. Il gruppo dei Sei, che pure si sciolse soltanto due anni dopo, nel 1931, rappresentò il più importante fenomeno nella pittura piemontese del XX secolo.
Nel corso degli anni, però, la sua creatività trovò nuovi linguaggi per esprimersi: i soggetti dei suoi quadri persero via via i loro caratteri distintivi, fino a diventare semplici macchie di colore.
Forte diventa, infatti, il legame con la pittura europea tant?è che Paulucci, nel 1928, effettua un viaggio a Parigi. Qui dimostra grande interesse sia per gli impressionisti e gli sviluppi successivi, sia per artisti contemporanei come Picasso, Braque, Matisse. In alcune opere esposte alla mostra, soprattutto nei ritratti, si possono identificare chiaramente alcuni rimandi alla pittura di quest'ultimo artista, più che altro nell'uso del colore. E' appunto la carica cromatica ad essere caratteristica dell'opera di Paulucci. I colori squillanti e brillanti che usa, la loro vivacità sono legati, appunto, al viaggio in Francia compiuto dallo stesso. La parentesi parigina ha aumentato in Paulucci il gusto per il colore e per la solarità riscontrabile nelle sue opere a soggetto marino. Il mare, con i porti e le vele, è presente in vari dipinti esposti alla mostra. Queste opere, soprattutto dagli anni Cinquanta, sono tutte giocate sulla contrapposizione dei colori dove l'idea del soggetto rappresentato è data dall'accostamento di tacche o di segni.
Ma non dipinge soltanto: disegna mobili, si interessa alla moda, fonda la rivista Casabella. Alla Fenice crea le scene per una prima di Milhaud con regia di Milloss e più tardi per un'opera di Malipiero allestita da Strehler. L'ultimo film girato negli studi di Torino, "La duchessa di Parma" di Blasetti, si gira negli ambienti da lui disegnati.
Nel dopoguerra rinnova le sue esperienze come testimoniano le due sale personali allestite nel 1956 e nel 1966 alla Biennale di Venezia. Nel 1952 fa parte del gruppo degli "Otto", di Lionello Venturi, sviluppando una ricerca di tipo astratto - informale (sempre con riferimenti naturalistici). Successivamente ritorna alla figurazione.
Insegnante di cultura all'Albertina Accademia dal 1939, ne diventa il direttore nel 1955.
I soggetti raffigurati nelle opere sono: paesaggi, figure, marine, nature morte. Le tecniche principali sono: olio, gouache; cura molto anche la grafica (penna, matita, litografia, acquaforte).
Muore il 22/08/1999 a Torino a quasi 98 anni al terzo piano di un palazzo ottocentesco in Piazza Vittorio Veneto, cuore storico di Torino. L'appartamento in cui aveva lavorato per molti anni ora ha ritrovato una nuova destinazione: ospita, infatti, un archivio che documenta l'esperienza artistica di Paulucci ed è stato sede, fino al 16 giugno 2001, di una mostra che raccoglie quarantacinque ritratti eseguiti, nel corso di oltre trent'anni, da Carlo Levi (Torino, 1902 - Roma, 1975) poliedrico artista dalla personalità per molti versi affine a quella di Paulucci, e suo compagno nell'avventura pittorica dei Sei.
Il rapporto del maestro con la provincia artigiana è stato intenso e ricco di avvenimenti. Il 4 giugno 1983 è stato ospite d'onore all'inaugurazione della Pinacoteca del Centro per la cultura e per l'arte "Luigi Bosca" a Canelli (AT).
Nel 1987 ha dipinto drappi del Palio (vinto dal borgo San Lazzaro) della Città di Asti e, l'anno successivo, la Città di Asti lo ha insignito della cittadinanza onoraria. La cerimonia si è svolta in Comune il 15 giugno. In quella occasione Paulucci volle donare alla Pinacoteca civica un suo importante dipinto intitolato "Cantiere navale", delle dimensioni di 65 per 100 centimetri, già esposto alla "Mostra di Bari" del 1957. L'ultimo suo dono ad una istituzione astigiana per l'arte, è stato acquisito l'anno scorso dal Museo di arte moderna e contemporanea di Mombercelli.
Si tratta di un dipinto ad olio dal titolo "Langhe" realizzato nel 1977.
La famiglia materna dell'artista era originaria di Montegrosso d'Asti e Paulucci trascorse gran parte degli anni della guerra in questo angolo del Monferrato, in una casa in Via Serra, dove ora abitano i suoi parenti. Un rapporto costante, quello del famoso pittore con l'Astigiano, testimoniato da numerose presenze dei suoi dipinti in raccolte private e nelle pinacoteche. Di quel particolare periodo da "sfollato" trascorso in campagna a Montegrosso, restano alcuni quadri (di proprietà privata) che il maestro donò a conoscenti.
Grazie alla complicità del cugino del Maestro, l'Ing. Mario Mondo, il rapporto con Montegrosso si intensificò: il pittore donò alcuni quadri per un'asta a favore della casa di riposo.
Il 28 giugno 1987 il Comune di Montegrosso d'Asti gli conferì la cittadinanza onoraria.
Enrico Paulucci aveva voluto, da tempo, che il luogo della sua ultima dimora fosse il paese astigiano che diede i natali alla madre. Lì aveva fatto costruire la tomba di famiglia e l'aveva arricchita componendo un bellissimo mosaico giocato su una infinita tonalità di blu, azzurro e turchese raffigurante una nave che solca il mare (forse) dell'Eternità, ora riposa accanto alla moglie Gita Maccagno, alla madre Amalia, al padre Paolo e alla sorella Maria.
Per onorarne perpetuamente la memoria l'Amministrazione Comunale di Montegrosso d'Asti, nel 2000, gli ha intitolato la Biblioteca Civica.
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