Armand Pierre Fernandez; Nizza, 1928 – New York, 2005
L’artista, che in arte sarà semplicemente Arman, è una delle personalità di rilievo del panorama artistico internazionale della seconda metà del XX secolo. Attraverso le sue sperimentazioni elabora negli anni ’60 un linguaggio proprio che egli stesso definisce “della quantità”, dando vita, con altri artisti contemporanei come ad esempio Klein e Cesar, a quel Nouveau Réalisme di cui troviamo tracce negli americani Jasper Johns e Robert Rauschenberg.
Fin dall'infanzia prende familiarità con gli oggetti del negozio di antiquariato di suo padre. Allievo brillante, comincia a dipingere a 10 anni e sarà ammesso alla scuola di Arti Decorative di Nizza nel 1946. A 19 anni incontra Yves Klein e Claude Pascal, che diventeranno i suoi due amici più cari. E’ l'inizio di una giovinezza esaltante: con i due amici intraprende un viaggio attraverso l'Europa in auto-stop e inizia ad interessarsi di astrologia, filosofia e buddismo. La condivisione degli ideali e la conoscenza di Pierre Restany e di Cesar darà origine alla creazione del gruppo del “Nouveau Réalisme” come lo definisce Restany , che diventa il loro critico di riferimento.
Influenzato dalle opere di Schwitters e Pollock, crea ed espone i primi “cachets” a Parigi nel 1956, tamponi inchiostrati che, moltiplicati, formano impronte sulla tela, giocando con il colore degli inchiostri e la loro disposizione. Prende contatto con gli oggetti ed inizia a proiettarli sulla tela: sassi, gusci d’uovo, aghi, etc. Poco a poco, l’arte di Arman si concentra sull’oggetto stesso, e verso un’accumulazione del medesimo; vi è adesso un’accumulazione di oggetti reali, di rifiuti della società; ne è un esempio la serie delle “poubelles” che appare nel 1959. Culmine di questo periodo è l’ esposizione “Le Plein”, nel 1960, presso la Galleria Iris Clert.
La matrice di partenza degli accumuli è chiaramente dadaista, tuttavia ne trae una sua personale versione strutturata in modo del tutto originale e programmato.E' il modo che Arman sceglie per un’appropriazione diretta della realtà, superandone la rappresentazione mimetica, proponendo direttamente l'oggetto in un poetico riciclaggio del materiale urbano, industriale, pubblicitario.Le sue opere sono sempre moltiplicazioni di un oggetto singolo, o quasi. Ma è questo “quasi” che rende i suoi cataloghi misteriosi e rivelatori, perché essi ci mostrano che anche all'interno del medesimo (tanti tubetti, tanti occhiali, tanti strumenti musicali) esiste la possibilità di una modulazione del molteplice. Nel forsennato, ma segretamente regolatissimo, gioco dei suoi assemblaggi, in cui ogni oggetto, per un'inclinazione, una deviazione di equilibrio, una rotazione minima, si differenzia dai suoi confratelli, Arman trasforma la monodia dell'identico in sinfonia dell'eterogeneo.
Si interessa, a partire dal 1961, alla decomposizione dei soggetti attraverso il découpage e concentra le sue ricerche su numerosi bronzi. L’artista intende denunciare la società e procede così a delle “distruzioni”, distruzioni ottenute dalla forza, dal fuoco: violini, pianoforti, sassofoni e vari strumenti musicali, i cui resti sono esposti in strutture di plexiglas; nel 1963 appaiono le “Combustioni”. Due anni più tardi, la sua arte si dirige verso l’assemblaggio di elementi meccanici.. Parallelamente realizza anche delle incisioni e acqueforti di grande formato, dei disegni, e rinnova le sue collaborazioni editoriali con poeti e scrittori. Durante gli anni ’70 continua la sua ricerca sperimentale, dedicando ora la sua attenzione all’inclusione dei suoi materiali classici in piattaforme di cemento, definite in gergo tecnico “Beton”. Negli anni ’80, invece, si amplia il ventaglio delle opere e delle tecniche: declina e moltiplica le diverse procedure di esecuzione: combustione più bronzo, pittura brush strokes, dirty paintings, shooting colors. Alla fine degli anni ‘90 l`opera si radicalizza in una successione di gesti riferiti all’oggetto.
Arman è rappresentato in tutti i musei internazionali. Ha realizzato più di 500 personali, di cui 77 presso musei .
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